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Tratto dal n° 21-22
de LA TORRE
20 - 11 - 1979
pag.4

Di don Franco Sannino
 

L'attualità del Beato Vincenzo Romano

LA LUMINOSA FIGURA DEL NOSTRO CONCITTADINO
Di don Franco Sannino


(…) Questo prete di provincia con le sue originali attività pastorali ha certamente precorso in gran parte il Concilio ecumenico del XX secolo, per la sua carità sacerdotale e sociale ha realizzato forme di apostolato specializzato, proprio della nostra epoca, per l'uso della stampa e delle comunicazioni epistolari a scopo di apostolato ha dimostrato di possedere tanto spirito moderno e creatività apostolica.
Non vogliamo parlare qui delle sue grandi opere di carità sociale, né dell'instabile assistenza durante la rovinosa eruzione vulcanica del 1794, né della coraggiosa ricostruzione civica cui si dedicò con ardore dopo l'eruzione, né del suo impegno sociale per i corallari nella stipulazione di giusti contratti di lavoro.
Vogliamo invece ricordare la sua ordinaria giornata sacerdotale, mentre si accingeva a celebrare
il Sinodo diocesano nella fase parrocchiale: il preposito Romano non trascura nulla e nessuno, a tutti si dedica con abnegazione e generosità.
Cura e impegno pone nell'amministrazione dei Sacramenti, specie della Confessione, e nell'insegnamento ai chierici, mentre ai ragazzi e al popolo impartisce sistematiche lezioni di catechismo.
Profondamente convinto della necessità della predicazione popolare, troverà ogni buona occasione per annunziare al popolo la divina Parola.
Darà poi alle stampe, dopo insistenti e autorevoli pressioni, il libretto della "Messa pratica", offrendo ai fedeli riflessioni e preghiere utili per ben partecipare alla S. Messa nei giorni festivi. In ciò ha previsto esattamente il Vaticano II, che in occasione della riforma liturgica raccomanda:
"I parroci abbiano cura che la S. Messa diventi il centro e il culmine di tutta la vita della comunità cristiana". (decreto dei Vescovi, 657)
Scriverà inseguito anche una raccolta di meditazioni sui 15 misteri del Rosario, leggendo la quale l'Arcivescovo di Napoli si dice esclamasse: "Come sarebbe piaciuta a Mons. De Liguori"! (cioè al futuro S. Alfonso de' Liguori).
Dalle prime ore del mattino è sempre a disposizione di tutti, specie dei poveri, in mezzo ai quali lo si vede spesso con un grande crocifisso tra le mani offrire tutto ciò che possiede, tanto da far esclamare a parecchi: "Il preposito pare S. Vincenzo de Paoli".
Istituisce per tutti i sacerdoti di Torre il ritiro mensile, predicato sempre da lui su unanime richiesta degli stessi sacerdoti, i quali gli riconoscevano un'autorità che trae origine dalla sua santità.
Nelle ore libere da impegni parrocchiali lo si può trovare invariabilmente in preghiera dinanzi all'altare del SS. Sacramento.
Pur di tenere impegnati i suoi fedeli e vedere affollate di uomini in più occasioni le varie Congreghe torresi, prima fra tutte quella dell'Assunta, propone sempre nuove pratiche religiose; istituisce uno speciale culto al S. Cuore di Gesù nella chiesa di S. Maria di Costantinopoli, la Compagnia del SS. Rosario per i devoti di Maria Vergine e l'associazione degli Adoratori perpetui al SS: Sacramento, di cui si conserva un elenco con 331 iscritti.
Sentirà una particolare ansia apostolica per i marittimi, e sono quasi la totalità degli uomini di Torre, che ogni anno imbarcano sulle circa 300 barche coralline perla pesca del corallo nel Mediterraneo, rimanendo a lungo lontani dal paese nativo.
Il preposito sarà sempre il primo ad accompagnare fino al porto le ciurme di uomini in partenza per benedire le loro barche, e ad accorrere sul porto al loro ritorno, per soffrire con chi spesso rientra ammalato o con scarsi guadagni. Inserito concretamente nella vita di questa categoria di lavoratori, sente tutti i loro pressanti problemi nel loro risvolto morale e pastorale.
Inventa così un nuovo e coraggioso tipo di assistenza religiosa: far imbarcare, quando è possibile, un sacerdote insieme ai marinai per vivere con essi sul mare e sul posto di lavoro, mentre si riserva di scrivere loro lettere di direzione spirituale, come lo dimostra quella del 5 giugno 1791 conservata tra i suoi manoscritti.
Don Gerardo Palomba, contagiato dal suo zelo, sarà il primo cappellano di bordo che la storia di Torre del Greco, e forse della Chiesa, ricordi, del cui apostolato spesso al ritorno il santo Curato chiederà dettagliata relazione.
Insomma il nostro Beato non è un prete che si rassegna solo a curare le opere e le istituzioni affidategli o che si rifugia in una vaga spiritualità tagliata fuori dalla realtà sociale.
Egli è il sacerdote scelto da Dio fra gli uomini, che resta tale nonostante incomprensioni e mortificazioni. E' il mediatore che vive una tensione apostolica spesso violenta e dolorosa, ma sempre insonne e diurna. E' il pastore che non chiede consensi umani, ma che sa soltanto generosamente donare.
Come uomo dell'altare costruisce la chiesa torrese, poggiandola su una soda formazione sacramentarla; come uomo della Parola annunzia la salvezza battendo profeticamente le medesime strade dell'uomo del suo tempo.
Non è di attualità questa sua vita esemplare ed operosa, che tante cose sa insegnare anche ai nostri tempi?
Forse potremo essere oggi, sacerdoti e laici, più disponibili allo Spirito Santo e più uniti al Vescovo che ci convoca in Sinodo se accetteremo di farci guidare un pò dalla luminosa figura di questo umile prete torrese.

Di don Franco Sannino