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Tratto dal n° 8  
de LA TORRE 
5 - 6 -74  
 
 
IL «REFERENDUM» DEL 2 OTTOBRE 1870
 

Quella volta gli italiani votarono SI


di RAFFAELE RAIMONDO


Quando l'Italia chiede qualcosa di buono al suo popolo, l'ottiene sempre dai "cattivi", mentre ciò che è cattivo lo riceve dai ... "buoni". Sembra un paradosso ma è proprio così.
Nel 1799 finirono sul patibolo tutti "i cattivi" come Nicola Fiorentino, che fu Governatore di Torre del Greco durante il periodo della Repubblica Partenopea, Mario Pagano, Domenico Cirillo, Eleonora Pimentel Fonseca, Ettore Carafa D'Andria e tanti altri tra i quali Mons. Michele Natale, vescovo di Vico Equense e... San Gennaro.
I "buoni", invece, furono dalla parte di Re Nasone e di Maria Carolina d'Austria ed erano il cardinale Ruffo, le orde moscovite inviate dallo zar di Russia, i turchi, i briganti calabresi e ... S. Antonio di Padova.
Quando Garibaldi giunse a Napoli, i "buoni" luciani si schierarono dalla parte di "Franceschiello", mentre dalla parte di don Peppino, si schierarono la "Sangiovannara" della Pignasecca, i guappi e tutta la mala gente <'e copp' 'e Quartieri>.
 Dopo l'annessione all'Italia del Regno delle due Sicilie, per parecchi anni ancora, i bravi, i pii (portavano lo scapolare) e "buoni" briganti provenienti dallo Stato Pontificio dove si era rifugiato il Borbone, continuarono a fare strage dei "cattivi"Bersaglieri e dei feroci "Carabinieri", al servizio dell'usurpatore.
Ancora oggi, a sentire alcune voci, nel Referendum del 12 maggio 1974, come sempre, i "cattivi" si sarebbero schierati contro i "buoni"e, confermando una legge già approvata dal Parlamento, avrebbero reso un cattivo servizio all'Italia.
Ma veniamo, ora, all'altro "Referendum", a quello del 2 ottobre 1870, che sancì l'annessione di Roma all'Italia.
Anche quella volta i "cattivi" furono coloro che parlavano di Patria unita, di libertà, di indipendenza. Infatti, secondo quanto scrisse un certo don Margott, il 20 settembre 1870, fatidica giornata della "Breccia", le vie di Roma erano piene di facinorosi, di tigri assetate di sangue e di donne di mala vita.
Forse per non rinverdire queste "antiche vergogne", la ricorrenza del primo centenario nel 1970 passò sotto silenzio. Le celebrazioni di un avvenimento di così grande importanza storica e sentimentale, furono limitate alla coniazione di una moneta d'argento senza alcun significato, né pregio artistico, essendo raffigurate sulle due metalliche facce (meno dure di certe altre), effigi che, oltre ad essere brutte, nulla avevano a che vedere con il grandioso avvenimento storico che ... (non) s'intendeva celebrare.
Nemmeno da parte delle amministrazioni periferiche si volle dare quella rilevanza a quella solennità che l'evento meritava. Così la rievocazone della più bella pagina del nostro Risorgimento non ebbe luogo per motivo di ... "risparmio", mentre a Torino, nel 1961, ci fu uno sperpero scandaloso di miliardi a bizeffe. E così il 20 settembre 1970 passò sotto silenzio.
Fu in quella occasione che sul periodico torrese "IL FOGLIO", il solito "cittadino che protesta", nel rammaricarsi per l'apatia dei torresi, volle sottolineare l'ignoranza di tutti i suoi concittadini, i quali non sapevano (miseri loro) che alla presa di Roma c'era UN TORRESE A PORTA PIA.
Il cittadino che protestava, dimenticò di aggiungere che nemmeno lui l'avrebbe saputo se non avesse tenuto in suo possesso, per vent'anni, un registro dei verbali delle riunioni consiliari e di Giunta del Municipio di Torre del Greco da cui aveva rilevata la notizia, ma che si guardò bene di comunicarla alle ignoranti Autorità in tempo utile, appunto, per poter poi, fare la "sparata". Cogliamo l'occasione per precisare che il torrese non era a Porta Pia.
Il cittadino torrese GENNARO UBALDO, il mattino del 20 settembre del 1870 quando una cannonata papalina gli portò via una gamba, non era a ... Porta Pia, si trovava a...PORTA SAN GIOVANNI. Ed ecco come si svolsero i fatti
All'alba del 19 settembre la IX Divisione, comandata dal luogotenente generale Diego Angioletti, era accampata a Porta Furba sulla via Tuscolana.
Facevano parte della Divisione, la Brigata Savona, il 15° e il 16° Reggimento fanteria, il 26° e il 44° Battaglione Bersaglieri ed ancora la IV, VII e XII Batteria del 9° Reggimento d'Artiglieria al comando del luogotenente, colonnello Rodolfo Moreno. A quest'ultimo raggruppamento apparteneva il cannoniere Gennaro Ubaldo di Torre del Greco.
Il giorno 20, alle quattro del mattino gli effettivi della Divisione, in due colonne, iniziarono la marcia di avvicinamento alla città. All'ora stabilita le tre batterie aprirono il fuoco, indirizzando i loro tiri sulle porte di San Giovanni che ben presto incominciarono a sgretolarsi, mentre i papalini, ritirati i loro pezzi sul bastione di san Giovanni in Laterano, da quella posizione favorevole, tiravano sugli italiani. Uno di quei proiettili colpì ad una gamba il nostro eroico cannoniere.
Verso la fine di ottobre l'Ubaldo era ancora ricoverato all'ospedale di San Giovanni dove fu trasportato il mattino del 20 settembre. Il suo letto era vicino a quello di un soldato svizzero di Bellinzona e, nella comune sofferenza, i due nemici divennero ...amicissimi.
Dobbiamo purtroppo dire che la Patria fu piuttosto avara nei riguardi del nostro bersagliere-cannoniere. Mutilato di una gamba (forse doveva trattarsi di un piede) abbe appena una semplice ... menzione onorevole al valor militare. Nessuno del Municipio e della Toponomastica di Torre del Greco, in oltre cento anni, ha avuto mai l'idea di intitolargli una via, un viale o, almeno, un vicolo.
Ed eccoci giunti, scusate, al ... "Referendum" del 2 ottobre 1870.

***

Per la raccolta dei voti, furono installate nella città di Roma, tredici urne dislocate nelle seguenti località: Campidoglio; Piazza di Spagna; Piazza Navona; Piazza Barberini; via dei Serpenti; Palazzo Odelscalchi; Piazza SS. Apostoli; Piazza Colonna; Via di Rpetta; Piazza del Biscione; Palazzo Ricci; Piazza di S. Maria in Trastevere e infine una a Piazza di Ponte Sant' Angelo, destinata a raccogliere i voti degli abitanti della città Leonina.
Le operazioni di voto procedettero celermente e alle ore 18,30 erano già terminate (oggi nell'era atomica, occorrono due giorni).
Gli elettori che si recavano alle urne si portavano appresso l'intera famiglia e, scrive Ugo Pesci, «i popolani tenendo i loro bambini piccoli in collo si compiacevano, con pensiero patriotticamente gentile, di far loro avere una parte all'atto solenne facendo mettere nell'urna la scheda dalle tenere manine innocenti».
Alle ore 21, ebbe luogo la proclamazione dei risultati. Furono annunziati al popolo dal duca di Sermoneta al quale, essendo cieco, venivano suggeriti da un notaio.
I primi risultati comunicati furono quelli delle urne del Campidoglio e del palazzo Odeschalchi: neppure un no in tutt'e due.
Un formidabile e lungo applauso si levò dalla marea di popolo che gremiva la piazza del Campidoglio e la scalinata dall'Ara-Coeli. Gli occhi di tutti erano rivolti alla acala del palazzo Senatorio da dove il duca Sermoneta, avendo al suo fianco il generale Raffaele Cadorna, annunziava man mano i risultati. E quando il popolo udì che dall'urna di piazza Colonna erano usciti dodici no, si sentì levarsi dalla folla un urlo di sdegno.
Il risultato di dodici urne fu il seguente: SI, 39.179; NO, 46 (quarantasei). Mancavano soltanto i voti dell'urna di Ponte Sant'Angelo, dove avevano votato tutti i dipendenti del Vaticano.
Il popolo attendeva in silenzio e con il fiato sospeso, quando il duca annunziò il risultato della tredicesima urna: SI, 1.546; NO, ... nessuno.
Questa volta, continua a scrivere Ugo Pesci, le acclamazioni s'innalzarono fino alla volta del cielo e si propagarono per tutte le strade vicine, fino a piazza Venezia, fino a piazza Colonna.
Per l'annessione al Regno d'Italia,
Roma
votò così: Votanti, 40.831 - SI, 40.785: NO, 46.
Nelle province votarono così:  Votanti, 135.291 - SI, 133.681; NO, 1.507; Voti nulli,103.
Ed ecco, invece, come i papalini commentarono l'avvenimento.
La votazione cominciò di buon'ora; gruppi di elettori si recavano alle urne tenendosi sottobraccio, con le schede che recavano il Sì bene in vista sul cappello e inneggiando a Vittorio Emanuele, a Bixio, a Cadorna, a Garibaldi. Alcune di queste bande di scalmanati erano capeggiate da persone che non erano di Roma, come Fra' Pantaleo, monaco rinnegato (Fra' Pantaleo, nel 1860, aveva seguito i "Mille"dalla Sicilia a Napoli perciò era rinnegato). Chiunque lo avesse voluto poteva andare da un seggio all'altro e votare svariate volte. La parola d'ordine era: «Votate presto e votate spesso».
Insomma, visto dall'opposta sponda del Tevere, il "Referendum, o il Plebiscito come lo chiamavano allora, non fu altro che ... un'ignobile farsa.
Però ... anche quella volta furono i "cattivi" a elevare l'Italia al rango di libera Nazione.